Indice
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I ciliegi - III
Il giorno che scoppiò la guerra di Corea
era orlato di ciliegi piangenti battuti dalle piogge,
pensammo a Picasso e ad un tempo lontano,
ci si sentiva come il Giappone esotico,
specchiato nelle sue piante, come quelle nodoso,
complici ad esse per affinità ma più di esse
torti e disamorati.
Guerrieri quanto basta per non farci mancare
sogni premonitori prima dello scontro,
una notte non avevamo fatto l’amore
e mi ero alzato gridando «Che ne è
di noi? Quanto poco di ciò che avremmo potuto
essere tutti siamo diventati!».
Ma erano poche le pretese, differenziarsi,
prendere la strada meno battuta per arrivare.
Così facemmo il nostro cuore muto
e cogliemmo la guerra nel vento e nel rosa
dei fiori sparsi sulla strada sporca.
Il giorno che scoppiò la guerra di Corea
nessuno di noi forse si riconosceva,
soli, divisi e senza alcun sospetto
come alberi stanchi di fiorire cercavamo una goccia
protesi tra sforzo e aridità.
Il giorno che scoppiò la guerra di Corea,
noi dovemmo imparare il tempo da capo,
non più i ciliegi in fiore e i sacrifici rituali
nel mostrarsi come eravamo voluti.
Scoppiata la guerra nessuno conosceva la sua parte,
facevamo le prove del teatro.
Copyright da L'arte della sconfitta, Qudulibri 2017